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Ipnosi e narrazioni:il costruttivismo nella psicoterapia strategica

Riassunto. Gli attuali approcci psicoterapeutici sono molto attenti alle narrazioni che i pazienti elaborano riguardo a sé, agli altri ed al mondo. Ciò è particolarmente vero per quegli orientamenti che, come la psicoterapia breve strategica, appartengono al campo del costruttivismo. Alla luce di queste considerazioni viene esplorato il possibile impiego dell'ipnosi nella trasformazione evolutiva delle narrazioni disfunzionali dei pazienti nella psicoterapia strategica.Parole chiave: Ipnosi, Psicologia narrativa, Costruttivismo, Psicoterapia strategica.SummaryCurrent psychotherapeutic approaches are very interested to the patients' narrations about Self, others and world. It is especially true for those approaches which belong to the field of the constructivism, which is the case of the strategic brief psychotherapy. Starting from these considerations, the possible utilisation of hypnosis in the developmental transforming of patients' disadaptive narrations is explored. Key words: Hypnosis, Narrative psychology, Constructivism, Strategic psychotherapy.

    1. Narrazioni

La vita umana è contraddistinta dai significati. Siamo condizionati, più che dagli eventi in sé, dalle opinioni e dai significati ad essi relativi (Bruner, 1990; Watzlawick et al., 1974; Watzlawick, Nardone, 1997; Polkinghorne, 1988; Gergen, 1998; Harré, Gillet, 1994).All'interno del processo di significazione degli eventi, secondo alcuni Autori, un ruolo centrale è giocato dalle narrazioni. I racconti in/con cui gli individui organizzano le proprie esperienze costituiscono il fondamento della percezione di sé, degli altri e del mondo. L'identità personale, le relazioni significative dell'infanzia e dell'età adulta, le esperienze eccezionali e gli accadimenti quotidiani, tutto ciò viene naturalmente organizzato in trame narrative. Noi riorganizziamo gli eventi che sperimentiamo in forma di storie, che si sviluppano nel tempo attraverso l'evolversi più o meno articolato di cambiamenti, ed in cui i personaggi sono mossi da desideri, intenzioni, opinioni, emozioni. Queste narrazioni non corrispondono direttamente alla “realtà”, ma sono il frutto creativo della nostra attribuzione di senso (Polkinghorne, 1988; Bruner, 1990). Alcuni Autori (Bruner, 1990; Harré, Gillett, 1994; Polkinghorne, 1988) sostengono che la psicologia, nell'affannosa ricerca di oggettività per meritarsi un posto fra “le scienze”, non ha prestato sufficiente attenzione al ruolo che i significati rivestono nell'esperienza umana. In particolare, a partire dagli anni '50, il paradigma positivistico ha privilegiato gli aspetti “nomotetici” della psicologia a discapito di quelli “idiografici”. Ciò ha comportato che la ricerca di leggi generali ha preso il posto dello studio delle singole specificità delle vite umane. Conseguentemente, sono stati trascurati i significati percepiti in relazione agli eventi oggettivi, ritenuti questi ultimi l'unico oggetto di studio della psicologia. Solo tra gli anni '70 ed '80 si è cominciato a focalizzare l'attenzione sulle narrazioni, sia su quelle dell'individuo che su quelle dei suoi contesti culturali. Un tale slittamento di prospettiva ha consentito di entrare in contatto con il sistema di significazione della realtà del paziente, di poter sbirciare il mondo dalla sua particolare e unica prospettiva.Attualmente, la psicologia narrativa si occupa di contenuti e forme delle narrazioni individuali e del loro rapporto con contenuti e forme delle narrazioni socialmente condivise. Il campo di lavoro così demarcato orienta lo psicologo verso il processo di attribuzione di significato alle esperienze. Soprattutto, l'attenzione è incentrata sulla costruzione personale e individuale dei significati (Murray, 1995; cfr. sito Dulwich Centre). Il processo di significazione della realtà, inoltre, è profondamente influenzato dalle narrazioni socialmente condivise che le culture propongono ai singoli individui. Le narrazioni di ogni individuo non possono che essere intimamente connesse alla sua matrice culturale di appartenenza (Polkinghorne, 1988; Gergen, 1998; Hale-Haniff, Pasztor, 1999; cfr. sito Dulwich Centre).Si può sostenere che le società propongono agli individui modelli narrativi a cui adeguare le proprie vite, una sorta di assegnazione delle parti di quell'ampio copione che una società propone, e che la storia e la cultura di volta in volta trasformano (Gergen, 1998; Murray, 1995). D'altro canto, il Dulwich Centre ritiene che le narrazioni che le comunità propongono siano a loro volta elaborate dagli individui attraverso specifiche pratiche del sé e delle relazioni. L'uomo non è un passivo attore di indiscutibili copioni, bensì vi sono attività e rapporti che mediano il rapporto fra narrazioni individuali e sociali, fungendo in questo modo da catalizzatori di cambiamento sistemico.La psicoterapia rientra in quelle pratiche relazionali che consentono alle persone un incremento delle possibilità di scelta circa la propria vita (cfr. sito Dulwich Centre). Per questo motivo, anche nell'ambito psicoterapeutico il costrutto delle narrazioni, in particolare quelle relative al sé, alle relazioni significative ed al mondo, ha assunto una specifica rilevanza.La psicoterapia, secondo gli appartenenti alla psicologia narrativa, consiste nel collaborare con le persone a identificare nuovi modi di parlare della propria vita, così da elicitare la sensazione di essere gli autori della propria stessa vita (White, 1995).Non è però questo l'unico approccio ad interessarsi delle storie che i pazienti raccontano. Per esempio, alcuni psicoanalisti hanno introdotto nel proprio panorama teorico concetti analoghi. Tra i primi, Spence affermò che allo psicanalista interessa non tanto la “verità storica” del passato di un paziente, quanto la “verità narrativa” di quanto egli riporta in terapia (Spence, 1984 cit. in Bruner, 1990).Il lavoro psicoanalitico non sembra più connotarsi, in questa prospettiva, come lavoro archeologico di ricostruzione del passato, né tanto meno come investigazione poliziesca per far luce sui “fatti”, bensì come intervento trasformativo all'interno delle storie che il paziente ha costruito e costruisce circa se stesso, gli altri ed il mondo (Semi, 1985; Polkinghorne, 1988).A questo punto è opportuno interrogarsi su come il costrutto delle narrazioni si intersechi con il costruttivismo, mentre in seguito saranno analizzate le implicazioni che questo discorso ha su alcuni usi clinici dell'ipnosi nella psicoterapia strategica.

    2. Costruttivismo

L'attenzione alle narrazioni nelle scienze umane è intimamente connessa con il costruttivismo, che può esserne considerato il fondamento epistemologico.Il costruttivismo è una teoria della conoscenza, ossia un paradigma conoscitivo che interessa svariati campi del sapere umano, dalla biologia alle scienze politiche.Sebbene i suoi precursori filosofici si possano individuare in Giambattista Vico ed Immanuel Kant, è soltanto dagli anni Ottanta che la rivoluzione costruttivistica si è imposta nel panorama ufficiale della comunità scientifica (Hale-Haniff, Pasztor, 1999; Fruggeri, 1998). Il processo di conoscenza non è un passivo recepire informazioni date nella “realtà”. La nostra visione del mondo non è una sua fedele riproduzione, ma è il risultato di una costruzione che ogni individuo elabora, individualmente, all'interno di un processo sociale di “negoziazione” su quella che è la “realtà” (von Glasersfeld, 1997; Hale-Haniff, Pasztor, 1999; Gergen, 1998; Harré, Gillett, 1994; Harré, 1997).In quest'ottica, le narrazioni possono essere ritenute la modalità tipicamente umana di costruire la “realtà” a livello individuale ed il tramite di confronto con le narrazioni sulla “realtà” condivise nelle culture di cui le persone fanno parte.Oltrepassando gli aspetti propriamente epistemologici del costruttivismo, è estremamente importante sottolinearne alcuni risvolti etici. Secondo Heinz von Foerster (1990/1997), fisico, filosofo e cibernetico dei sistemi viventi, agire eticamente all'interno di questo paradigma epistemologico implica l'incremento dei gradi di libertà, il rispetto della complessità sistemica. L'atteggiamento costruttivistico, secondo questo Autore, porterebbe ad “aumentare il numero delle scelte” (von Foerster, 1990/1997: 49). La consapevolezza della artificialità delle varie concezioni di realtà ha come conseguenza il rispetto, l'interesse e la tutela anche verso costruzioni diverse da quelle proprie.Conseguentemente, nella pratica delle psicoterapie costruttivistiche, manca un riferimento a criteri rigidi di normalità, sanità o verità (Hale-Haniff, Pasztor, 1999). Le storie di vita riportate da un paziente in terapia non devono essere ricondotte all'interno di copioni narrativi pre-disposti e pre-accettati dal terapeuta, trame narrative che in sé già pre-vedono quali sono le modalità “sane” dello sviluppo.

    3. La psicoterapia breve strategica

La psicoterapia breve strategica si propone di risolvere, efficacemente e nel minor tempo possibile, le problematiche per cui il cliente si presenta in terapia. È infatti fondamentale che la coppia paziente/terapeuta espliciti gli obiettivi terapeutici che realisticamente intende perseguire. Essendo imperniata su un'epistemologia costruttivistica, la psicoterapia breve strategica considera la “realtà” il prodotto di una costruzione personale. La pratica clinica mira a sostituire una “realtà” sgradita e limitante, ossia problematica, con una più soddisfacente. Ciò comunque nella consapevolezza che la nuova “realtà” non può essere ritenuta più vera di quella precedente. Nelle parole di Watzlawick (1997:16), “la psicoterapia si occupa della ristrutturazione della visione del mondo del paziente”.Nell'analisi della costruzione del problema, particolare attenzione viene rivolta al sistema percettivo-reattivo del paziente: le specifiche modalità di attribuzione di senso agli eventi e le relative strategie comportamentali messe abitualmente in atto dalle persone costituiscono una solida impalcatura a mantenimento del disagio psichico.Il terapeuta, pertanto, interviene con la finalità di perturbare, in modo strategico, il sistema percettivo-reattivo del paziente. Attraverso richieste paradossali, tecniche di sorpresa e/o di confusione, uso dell'ironia, tecniche ipnotiche ed altre strategie opportunamente impiegate, si mira a sollecitare definizioni della situazione e/o soluzioni comportamentali alternative rispetto a quelle in uso, rivelatesi non soddisfacenti. E' possibile a questo punto evidenziare una affinità tra l'attenzione clinica alle narrazioni e la terapia strategica: sia il re-authoring (White, 1995) che la ristrutturazione (Watzlawick, 1997) evidenziano il ruolo attivo che il paziente può esercitare nella costruzione psicologica sia dei problemi che delle loro soluzioni.E' stato lo stesso White (White, Epston, 1990), citato da Geyerhofer e Komori (1997), a sostenere che la “metafora narrativa” nella psicoterapia può integrare l'approccio delle psicoterapie brevi centrato sul problema (Watzlawick, 1997) con quello centrato sulla soluzione (de Shazer et al., 1997). Nella psicoterapia narrativa proposta da questo Autore, inizialmente si incentra il colloquio clinico sulla decostruzione e reinterpretazione della storia di vita portata dal paziente: si lavora pertanto sulla de-costruzione del problema. Successivamente, si stimola la riscrittura della storia del cliente: ossia ci si orienta alla costruzione delle soluzioni (Geyerhofer, Komori, 1997). Attenzione alle narrazioni, quindi, come attenzione agli esiti dei processi costruttivi e di significazione operati dagl'individui. Il materiale narrativo viene pertanto a configurarsi come campo possibile su cui mettere in gioco ristrutturazioni strategicamente orientate.

    4. Ipnosi nella ri-costruzione di narrazioni

L'ipnosi viene utilizzata in psicoterapia con svariate finalità e modalità d'impiego. In questo paragrafo, dopo un accenno ad alcune problematiche inerenti l'uso clinico delle tecniche ipnotiche, si intende instaurare delle relazioni tra l'emergente metafora narrativa in campo psicologico e le possibilità applicative dell'ipnosi nella psicoterapia breve strategica. Un primo aspetto rilevante per questo discorso è una critica che, soprattutto in passato, è stata indirizzata all'uso clinico dell'ipnosi: nella relazione ipnotica il paziente verrebbe ridotto ad una sorta di automa in balia del terapeuta, in una condizione di passività e dipendenza che non può essere funzionale alla sua crescita personale (Rossi, 1996).A questa visione, solo in parte sorpassata, dell'ipnosi come condizione di recettività/responsività acritica nei confronti dell'ipnotizzatore si contrapponongono le ricerche condotte sul tema della creatività dei soggetti in trance ipnotica (Lynn, Sivec, 1992; Shames, Bowers, 1992; Rossi, 1996). Le persone ipnotizzate, nella loro responsività alle suggestioni ipnotiche, mettono in atto processi estremamente individuali e creativi. Lynn e Sivec (1992) evidenziano come, per esempio, le allucinazioni ipnotiche siano il risultato di un complesso e creativo problem-solving, messo in atto per rispondere appropriatamente alle suggestioni ipnotiche.Più recentemente, Ernest Rossi (1996), ha enfatizzato come i fenomeni ipnotici siano espressione delle dinamiche di auto-organizzazione proprie di ogni essere vivente. La trance ipnotica non è il prodotto dell'induzione ipnotica, la risposta ad un comando, bensì è uno stato di coscienza caratterizzato da un estremo assorbimento dell'attenzione su alcuni aspetti della realtà e da una concomitante dissociazione da tutte le altre informazioni, sensoriali e/o cognitive potenzialmente accessibili, ma non pertinenti (Hilgard, 1992; Schumaker, 1995). Questa condizione è, secondo Rossi, particolarmente favorevole per la facilitazione della risoluzione creativa dei problemi e delle conflittualità psicologiche.Sulla base di queste considerazioni, Rossi (1996) propone un'ipnoterapia permissiva in cui il terapeuta non guida il cliente in modo direttivo. Il ruolo dell'ipnotista è invece quello di creare le condizioni affinché il paziente possa imparare a riconoscere e facilitare le proprie risorse interne per la soluzione dei problemi e per la guarigione.Un'altra considerazione rilevante è che l'efficacia terapeutica dell'ipnosi è subordinata ad un'appropriata teoria del cambiamento, di cui il terapeuta deve essere in possesso. Il conseguimento di trasformazioni evolutive necessita della comprensione di come queste ultime si realizzino (Watzlawick et al., 1974; Rossi, 1996)Secondo Ravenstorf, il passaggio da uno schema di sentimenti, pensieri e comportamenti disfunzionali (stagnazione) allo stabilirsi di uno schema più funzionale (consolidazione) avviene tramite una fase di perturbazione delle precedenti modalità di organizzazione delle esperienze e delle azioni (differenziazione). L'intervento terapeutico mira a provocare il cambiamento proprio sollecitando lo svilupparsi della fase di differenziazione (Ravenstorf, 1992). Rossi (1996) ritiene che nella soluzione di problemi si susseguano quattro fasi: a) raccolta dei dati, ossia la percezione del problema; b) incubazione, concentrazione su possibili soluzioni, assorbimento emotivo, attivazione psicofisica; c) illuminazione, intuizione della soluzione, risoluzione creativa del conflitto; d) verifica. L'ipnosi viene impiegata per focalizzare l'attenzione del paziente alle specifiche fasi di questo percorso, nel completo rispetto dei tempi che ad egli sono più congeniali. Una contestualizzazione ancora diversa dell'applicazione terapeutica di tecniche ipnotiche è quella fornita da Gheorghiu e Kruse (1992), i quali vedono nei processi decisionali di tipo suggestivo un elemento chiave nel mantenimento e nella soluzione delle problematiche psicologiche. Ritenendo la realtà fondamentalmente ambigua, questi Autori affermano che gli uomini devono continuamente mettere in atto strategie cognitive di “disambiguazione” per potersi orientare nella vita di tutti i giorni. Nell'ambito di questi processi decisionali, secondo Gheorghiu e Kruse, possono essere impiegati meccanismi riflessi, suggestivi o razionali. Le decisioni che si basano su meccanismi riflessi sono essenzialmente di tipo automatico: non sono possibili soluzioni comportamentali alternative, mentre la scelta è di tipo esclusivo e conclusivo. I meccanismi riflessi agiscono in modo automatico pur senza essere dei riflessi comportamentali innati. Rientrano in quest'area i comportamenti stereotipati connessi ad opinioni ed atteggiamenti.Altre volte invece la scelta di un comportamento fra più alternative viene effettuata escludendo, per lo più non consapevolmente, la possibilità di altre soluzioni comportamentali. Il meccanismo suggestivo consente cioè di agire “come se” non ci fossero alternative.Infine, il meccanismo razionale consiste nel valutare singolarmente la diverse alternative possibili e pertanto di scegliere consapevolmente quella ritenuta più opportuna.La persona in psicoterapia, rispetto al problema che vorrebbe risolvere, ha probabilmente già sperimentato sia i comportamenti automatici e spontanei (meccanismi riflessi) che l'attenta elaborazione di soluzioni specifiche (meccanismo razionale). Pertanto il disturbo si mantiene, probabilmente, sulla base di un meccanismo decisionale di tipo suggestivo, che è, conseguentemente, il livello al quale è più efficace un intervento.Sebbene i tre modelli teorici relativi al cambiamento esposti sopra siano dissimili tra loro, da tutti emerge che soltanto all'interno di una consapevolezza teorica circa il processo di cambiamento l'uso clinico dell'ipnosi può amplificare le potenzialità evolutive del repertorio esperienziale e comportamentale del paziente. È l'impiego strategico delle suggestioni ipnotiche che ha una valenza terapeutica, piuttosto che il fenomeno ipnotico in se stesso.Alla luce di queste considerazioni è quindi possibile valutare l'impatto clinico che nell'approccio strategico l'ipnosi ha sulle narrazione del paziente.Una delle applicazioni più frequenti dell'ipnosi alla terapia consiste nell'indurre il paziente a immaginare ciò che sperimenterebbe qualora il suo problema non esistesse più. Questa tecnica è stata usata da Erickson (1958/1982) con una giovane sposa che avrebbe voluto consumare il matrimonio, ma che era ostacolata in ciò da attacchi di panico a ogni tentativo. Tramite l'utilizzo delle sue reazioni di panico, Erickson suscitò nella donna uno stato di trance. Quindi le venne fornita la suggestione di percepire le carezze del proprio marito, pur continuando a vedere che in realtà questi non le si fosse affatto avvicinato. La seduta proseguì lasciando che la paziente sperimentasse le piacevoli sensazioni che il contatto intimo con il marito le procurava. La terapia si concluse favorevolmente in questa unica seduta.Un impiego analogo di questa tecnica è stato effettuato dallo stesso Erickson (1958/1982) in una decina di casi di impotenza nuziale: anche in questi casi, dopo aver utilizzato i sentimenti spiacevoli connessi al sintomo per indurre lo stato di trance, l'ipnotista suggeriva al paziente di percepire il contatto della propria partner e di sperimentare le piacevoli sensazioni erotiche derivanti da esso.Riconducendo questi esempi al tema della narrazione si può affermare che le narrazioni ipnoticamente suggerite ai pazienti hanno consentito loro un ampliamento delle storie sino ad allora vissute: ai racconti di impotenza e di panico per il rapporto sessuale si sono aggiunte le narrazioni di piacevoli esperienze sessuali. In questo modo si è costituita una perturbazione all'interno del sistema di narrazioni che sosteneva il disagio. Erickson aveva cioè prodotto nei suoi clienti quella perturbazione, che Ravenstorf (1992) ha chiamato fase di differenziazione, ossia il punto di passaggio da una organizzazione di sentimenti, pensieri e comportamenti sgradevoli ad una più soddisfacente.Un approccio analogo è quello adottato in alcuni casi di dipendenza da sigarette (Brown, 1992). La finalità strategica delle suggestioni ipnotiche è in questa tecnica proprio quella di alterare l'immagine di sé come fumatore. Al paziente viene suggerita la percezione di sé come non-fumatore. Tali suggestioni si strutturano quindi come narrazioni di sé come non più dipendente dal fumo delle sigarette. Un'altra tecnica interessante è l'uso delle metafore individualizzate proposto da Dormaar e Olthof (1992) e sviluppato a partire dalla tecnica dell'utilizzazione di Erickson (1959/1982). Inizialmente si individua una attività che per il paziente è importante e positiva, una sua particolare abilità o interesse. Successivamente viene indagato il problema portato in terapia. L'intervento consiste quindi nell'utilizzare in modo metaforico l'attività positiva su cui ci si era precedentemente informati, con la finalità di “espandere” atteggiamenti e sentimenti positivi che la contraddistinguono all'area percepita come problematica. Nel caso di un ragazzo trentacinquenne con problemi di diabete con componenti psicogene, gli Autori hanno utilizzato la metafora del mondo dei cavalli, per i quali il giovane aveva una profonda passione. In questo modo è stato accelerato il processo terapeutico, che in dieci incontri comportato la diminuzione del bisogni di insulina da 74 a 28 unità al giorno.Questa procedura implica la sottolineatura e generalizzazione delle narrazioni positive, in modo tale da facilitare il processo di guarigione e amplificare le risorse personali nella soluzione dei problemi.Un importante risvolto di questa tecnica consiste nell'importanza che il terapeuta deve porre nei confronti delle narrazioni di cui ogni paziente è portatore, così da poter intervenire con stategie opportunamente individualizzate.Un altro ambito d'impiego dell'ipnosi è quello della memoria di eventi traumatici. Rossi (1996) ha proposto una specifica tecnica volta esplicitamente alla modificazione attiva delle memorie. Al paziente viene chiesto di scegliere un ricordo importante su cui vuole lavorare. Quindi viene indotto a riviverlo in condizione di trance così come esso si è verificato. Successivamente viene suggerito di rivivere da capo il ricordo permettendo però che un particolare cambi. Si ricomincia quindi da capo apportando altre modifiche al ricordo originario.L'efficacia di questa procedure consiste nel consentire, soprattutto nel caso di ricordi traumatici, non nella trasformazione di ciò che è avvenuto, ma nel consentirsi la possibilità di sperimentare se stessi in modo svincolato da quello specifico ricordo. Si interviene cioè sulla possibilità di reinventare le narrazioni attuali di sé, ferma restando la consapevolezza che il ricordo originario non può essere negato o modificato. Concludendo, è possibile affermare che l'impiego strategico delle diverse tecniche ipnotiche agisce all'interno del sistema di narrazioni di sé, degli altri e del mondo del paziente. Il ruolo creativo dell'ipnotizzato costituisce la base per l'efficacia terapeutica dell'ipnosi. Soprattutto negli approcci più moderni dell'ipnoterapia permissiva la ristrutturazione terapeutica del problema si fonde con la sollecitazione del paziente a essere attivo come autore della propria stessa vita.

                                                                                                                                                             Dott. Arturo Mona

 

Articolo pubblicato sulla rivista Quale Psicologia, GIugno 2000, FrancoAngeli, Roma.